Ogni volta che mi capita di passare davanti all’entrata in via Duomo del mio vecchio liceo mi sembra di veder uscire una ragazza dai discutibili pantaloni rosa con il viso leggermente bagnato. Quella ragazza non si stava lasciando alle spalle solamente una vecchia porta con appeso il cartello “Ingresso in via Carducci”.
Quella ragazza stava uscendo a passi svelti dalla sua adolescenza, ma non ne era ancora del tutto consapevole. Quella ragazza ero io, nella mattina di un lontano 2 luglio 2015 dopo aver sostenuto l’orale della maturità. A posteriori mi capita molto di ripensare alla mia esperienza al liceo classico. Da piccola ginnasiale intimorita a liceale pian piano più sicura di me, quasi ogni mattina della mia adolescenza ho varcato il portone di via Carducci proiettandomi in un mondo senza tempo. Un mondo che mi ha accolta, protetta e cresciuta per cinque anni, con inevitabili alti e bassi. Un rapporto di odi et amo che tuttavia mi fa sempre spuntare un sorriso in viso. Sì perché, quando si è al liceo, non lo si capisce che quelli sono gli anni migliori. Si pensa solo che il vero male del mondo siano la versione di Tacito o l’interrogazione su Hegel; che la vera tragedia sia la cotta (quasi mai ricambiata) per chi hai sempre sperato diventasse il tuo compagno di banco e non quella di Medea che si studia sul libro di letteratura greca; che il dum differtur di Seneca sia funzionale solo a rendere più colorite le normali conversazioni tra coetanei oppure ad impressionare qualche pulzella. A diciassette anni, forse, è giusto così e un po’ mi fa ridere questa ingenuità. Ora invece, quando mi guardo indietro, capisco di non essere più la ragazza diciassettenne della mitica e insuperabile sezione B. Sono cresciuta e forse solo adesso riesco a capire cosa davvero ha significato per me il liceo classico. Passione, crescita, risate, fatica e insegnamenti di vita. Si viene sottoposti a molto rigore, ma ogni cosa che si impara acquisterà un senso a posteriori – sul momento, infatti, non si vede il collegamento tra il pendolo di Schopenhauer e “Chandelier” di Sia. Si capisce che non importa quanto difficile possa essere la sfida che si ha di fronte, perché si può sempre trovare una soluzione – così come quando una frase fatta decisamente insperata compare sul dizionario e ci permette di tradurre quel periodo di Cicerone che aveva un senso solo nella nostra testa. Si impara che non sempre nella vita ci sarà qualcuno che ci spianerà la strada o che ci aiuterà al momento del bisogno e che quindi bisognerà contare solo su noi stessi. In questo caso, casca a fagiuolo il famoso e spiazzante “Invent!” pronunciato con tono sicuro – e quasi con aria di sfida – durante l’interrogazione di inglese a seguito di una domanda altrettanto spiazzante. Si comprende che in realtà gli antichi erano molto più moderni di noi e che le loro citazioni apparentemente vuote acquistano un profondo significato nel momento in cui si entra nella vita vera, fuori dai libri di scuola; nel momento in cui si realizza che a settembre non ci si rivedrà più nella stessa classe, tra gli stessi banchi. Infine, si ammette che nonostante gli sforzi, le fatiche e i pomeriggi tanto odiati a ripassare per l’interrogazione del giorno dopo chiunque vorrebbe varcare ancora una volta l’ingresso in via Carducci – perché quello è il vero ingresso del liceo, il nostro ingresso – solo per ricercare la propria classe, il proprio banco con il “TVB” inciso in modo indelebile e abbandonarsi così al ricordo di quei giorni, più o meno lontani, che si vorrebbe poter rivivere anche solo per un secondo. Paola Balzaretti
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Ex allievi Liceo Classico “Lagrangia”Un blog per raccontare il Liceo Classico "Lagrangia" di Vercelli e quanti hanno trascorso nelle aule di via Duomo anni importanti della propria formazione. Storie, interviste, approfondimenti culturali e molto altro a cura dell'Associazione ex allievi. Archivi
Giugno 2021
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